Vi racconto il mio parto prematuro

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Parto prematuro

La mia storia di parto prematuro inizia così…

Era il 27/01/2019, una serena domenica mattina. La mia gravidanza procedeva per il meglio, alla strutturale si era notato qualche piccolo problemino alla flussimetria ma nulla che non potesse essere risolto con una semplice compressina da assumere quotidianamente. Visto che ormai avevo superato il quinto mese di gravidanza e decidemmo di andare un pò in giro per scegliere tutto l’occorrente per l’arrivo della piccola. Allora mi alzo dal letto, vado in bagno ma noto una piccola macchiolina rossa sugli slip, erano delle perdite in gravidanza??? Ero già stata tranquillizzata al riguardo, stavo assumendo un fluidificante per il sangue e la cosa poteva succedere. Per scrupolo, però, prima di immergerci tra portanfan, corredini e tutine decidiamo di fare un salto in clinica per una visita veloce. Ci prepariamo e, abbastanza rilassati, andiamo in clinica. Al pronto soccorso ostetrico, dopo una visita veloce ma approfondita, la dottoressa mi dice: devo ricoverarti, sei solo a 26 settimane e non hai quasi per nulla liquido amniotico. La bambina sta bene, è in perfetta salute, la perdita che hai avuto non rappresenta nessun problema, un semplice capillare che si è rotto; ma 26 settimane sono troppe poche.

In quel momento mi spaventai sul serio, chiamo la mia ginecologa, che per me è stata come una mamma oltre che un medico, e lei cerca di rasserenarmi dicendomi: ci sono gravidanze che arrivano a termine anche in queste condizioni, però dobbiamo tenere la situazione sotto controllo.

Mi tengono ricoverata qualche giorno, nei quali mi iniziano una cura di eparina e poi mi rimandano a casa con l’impegno di continuare la cura.

La mia ginecologa chiede di vedermi dopo appena una settimana dalle dimissioni. A quella visita mi tranquillizza abbastanza, però mi fissa dei controlli ravvicinati; a 29 settimane mi anticipa l’ecografia del terzo trimestre che già avevamo fissato per le 33 settimane. Così riuscì a rimandarmi a casa con la sensazione che qualcosa stesse migliorando e spiegandomi che in clinica non potevano farmi nulla in più rispetto a quello che potevo fare a casa.

Giunge il 26 febbraio, giorno dell’ecografia del terzo trimestre. Io e mio marito ci rechiamo nello studio medico e inizia una lunga, lunghissima ecografia silenziosa. L’assistente del dottore posa l’ecografo, vede il mio volto impaurito, mi dice che posso stare tranquilla e va a chiamare il dottore il quale arriva e ricomincia daccapo una lunga, lunghissima ecografia silenziosa. Al termine dell’ecografia il dottore ci guarda in viso e con voce seria ci dice: la bambina al momento sta bene, ho controllato tutti gli organi ed è in perfetta salute per le sue settimane gestazionali. Il problema è che è la flussimetri uterina si è alterata, manca il liquido amniotico ed è piccolina, porta tre settimane di ritardo di crescita. Quando nascerà non sarà molto più grande di così, recatevi in un ospedale con una buona Terapia Intensiva Neonatale. Fu in quel momento che il mondo ci crollò addosso, mai nessuno mi aveva parlato di parto prematuro prima di quel momento. Mi chiese quale dottore mi seguiva e mi tranquillizzò dicendomi che stavo in buone mani sia dal punto di vista professionale che come struttura ospedaliera. Per lui quest’informazione fu importante, io ne ho capito l’importanza solo qualche mese dopo.

Usciamo da quella porta confusi, chiamo la ginecologa la mia dottoressa la quale mi dice: devi venire subito in clinica per un monitoraggio stretto della gravidanza.

Il mio lungo ricovero prima del parto prematuro

Passiamo per casa, prendiamo l’occorrente e andiamo in clinica. Li trovo la mia dottoressa la quale non era sorridente come al solito e mi dice: hai una gravidanza ad alto rischio, inizieremo la terapia per la maturazione polmonare della bambina. La situazione è precipitata molto velocemente. Spero di arrivare a 32 settimane prima di far nascere la bambina ma, con questo trend, non credo che supereremo 10 giorni. Ogni giorno che passa è un giorno in più.  In quel momento di crollò il mondo addosso, di nuovo. In un unico giorno mi era stato detto per due volte che la mia bambina sarebbe nata con un parto prematuro.

Da quel giorno è iniziato il mio ricovero fatto di 3 tracciati al giorno e due ecografie settimanali più altre extra all’occorrenza. Chiesi di parlare con il neonatologo il quale mi disse: Se nascesse oggi avrebbe l’80% di probabilità di sopravvivenza. A quest’epoca gestazionale la cosa che più preoccupa è la scarsa maturazione polmonare, ma siamo pronti a tutto. Ogni giorno che passa aumenta la probabilità di sopravvivenza, stai serena.

In reparto si è formò una famiglia composta dalle infermiere e altre mamme ognuna con le proprie difficoltà e tutte con un lungo ricovero davanti e/o alle spalle, quelle che venivano solo per partorire venivano sempre guardate con occhio brutto, ma forse si trattava solo di invidia. In clinica la giornata era strutturata così: sveglia la mattina con la colazione – tracciato – una pennichella o una visita alle vicine di camera – pranzo – visita dei parenti – tracciato – merenda – una pennichella o una visita alle vicine di camera – cena – visita dei parenti – tracciato e a nanna. In questo modo, tutto sommato i giorni scorrevano abbastanza velocemente e i fatidici 10 giorni di cui mi parlava la ginecologa trascorsero e, ringraziando Dio, li superammo di gran lunga. Mi era stato detto chiaramente che non sarei stata dimessa con il pancione (anche se si poteva parlare più di pancina), la flussimetria uterina alterata e la carenza di liquido amniotico rischiava di far andare in sofferenza fetale la bambina e da un momento all’altro e si sarebbe reso necessario un cesareo d’urgenza.

I giorni passavano e la ginecologa, ripeto, come una mamma oltre che professionista, mi inviava sms con scritto è passato un giorno in più! Durante il mio ricovero, anche se a volte mi è capitato di piangere, ho cercavo di essere sempre abbastanza positiva e dopo aver superato quei fatidici 10 giorni e poi le tanto spesate 32 settimane, alternavo momenti in cui ero convinta che la mia gravidanza sarebbe arrivata al termine e momenti in cui mi chiedevo perché non la facevano nascere se aveva superato le 32 settimane.

Il momento del parto prematuro

Una mattina, mentre ero in camera di una ragazza che, come me, aveva un lungo ricovero alle spalle, ormai erano passate quasi quattro settimane, viene a chiamarmi la mia ginecologa. Mi prende per mano, mi fa sedere sul letto e mi dice: la bambina sta bene, i tracciati sono ancora abbastanza buoni, ormai siamo a 33 settimane e… senza giri di parole, diventa troppo pericoloso farla stare ancora li, domani nasce! Li mi crollò il mondo addosso per la terza volta e iniziai a piangere.

Chiamai mio marito per dirglielo e chiesi a lui di chiamare tutti i familiari per informarli, io non ce l’avrei fatta a parlare.

Il giorno seguente arrivò molto velocemente, ero impaziente, se doveva nascere allora andava fatto il più presto possibile, l’attesa mi agitava. Vennero in camera le infermiere della sala operatoria, mi preparai e mi portarono giu. Li trovai la mia dottoressa la quale non mi ha mai lasciata sola un attimo. Mi chiesero che anestesia preferivo, scelsi di restare sveglia, dovevo capire come stava la mia bambina. Mi prepararono e iniziarono il cesareo. Non so quanto tempo durò, so che appena tagliarono il cordone ombelicale sentii una per un attimo, un istante una vocina flebile, non era un pianto, era più un gemito. La dottoressa oltrepassa il telo e con un sorriso smagliante mi dice: è nata! E io: come sta? E lei: è una tosta!

Finì il cesareo, tolsero il telo, speravo di trovarla li, in incubatrice ma accanto a me. Invece no, non ci stava, l’avevano subito trasportata in TIN per le cure del caso. Ci rimasi male, malissimo, sapevo che non avrei potuto sentire il suo calore sul mio petto, ma almeno vederla in quella scatola che aveva sostituito il mio ventre; purtroppo non fu così.

I giorni seguenti al parto prematuro

Per vederla dovetti attendere il giorno successivo, 24 lunghe ore in cui tutto ciò che avevo visto era solo qualche fotografia. Era bellissima, tutti i bambini sono belli ma lei lo era di più.

Mio marito fu fortunato perchè dopo poco che è arrivata in TIN lo fecero entrare, di questo sono felice.

Il giorno del parto passò velocemente

La sera inizia a tirare il latte, era tutto ciò che potevo fare per aiutare la mia piccola. Il giorno successivo chiesi di alzarmi dal letto, dovevo andare a vedere la mia piccola! Così fu. Mio marito passò a prendermi e insieme scendemmo in TIN. Aprirono la porta di quel mondo parallelo, li c’è un silenzioso rispetto, le mamme hanno la precedenza, i papà aspettano. Mi fecero passare avanti ma io aspettai mio marito, avevo bisogno che mi accompagnasse lui. Dopo aver accuratamente lavato e disinfettato le mani, lasciato gli oggetti personali in armadietto e messo il camice, mi raggiunse, mi prese per mano e mi disse: sei pronta? E io: si!

Non so cosa pensai la prima volta che la vidi, non potevo prenderla in braccio anche se in realtà avevo paura di toccarla. La accarezzai con un dito quasi come se potesse rompersi. Tutto ciò che facevo era… guardarla. Parlammo con la neonatologa di turno la quale ci disse che stava bene, anche se i primi 7/10 giorni sono quelli più delicati, comunque respirava senza aiuti e questo era un enorme indicatore positivo. Senza saperlo avevamo di fronte a noi una guerriera, pesava appena 1480 g ma aveva una meravigliosa forza.

Anche in TIN, ringraziando Dio i giorni trascorsero velocemente e, riflettendoci oggi a distanza di 10 mesi, senza particolari intoppi. Passarono 30 giorni e quando ci dissero di portare le tutine, rimanemmo a bocca aperta, non ne avevamo ancora comprate (ah si non l’ho detto, da quel 27/01/19 non eravamo più andati a comprare nulla)! I giorni fuori dall’incubatrice passarono e si alternavamo sensazioni di paura mista a gioia, il momento delle dimissioni si avvicinava sempre di più.

Il ritorno a casa

Finalmente un giorno appena arrivati in TIN ci dissero: domani torna a casa! Credo sia stata una delle frasi più belle che io abbia ascoltato durante quei lunghi 65 giorni. Infatti così fu, dopo ben 35 giorni di Terapia Intensiva Neonatale, la nostra piccola è venuta a casa con noi!